Social spam, serve il consenso. Lo dice il Garante della Privacy

Fermi tutti: per il social spam serve il consenso dei destinatari. Basta, quindi, a proposte commerciali di ogni tipo a condizione che il destinatario del messaggio non abbia espresso formalmente il proprio “sì” all’invio. Ovvero, non basta che l’indirizzo di posta elettronica di una persona sia pubblicata sui social network perché sia liberamente utilizzato per mandare messaggi di qualsiasi finalità. La decisione arriva dal garante della Privacy, che ha proibito a una società l’ulteriore trattamento di indirizzi email senza consenso per attività di marketing.

Una società di consulenza finanziaria ha fatto partire “il caso”

La genesi di tutta la faccenda, e i relativi sviluppi, sono spiegati nella newsletter dell’autorità.  “L’intervento del Garante ha preso le mosse dalla segnalazione di una società di consulenza finanziaria che lamentava l’invio di numerose email promozionali indirizzate alle caselle di posta elettronica di alcuni suoi promotori senza che questi ne avessero autorizzato la ricezione. Dagli accertamenti, svolti in collaborazione con il Nucleo Speciale Privacy della Guardia di Finanza, è emerso che la raccolta degli indirizzi di posta elettronica avveniva, oltre che con altre modalità, anche attraverso l’instaurazione di rapporti su Linkedin e Facebook o attingendo contatti sui social. La società solo negli ultimi due anni ha inviato circa 100.000 email pubblicitarie”. Ancora, la società finita nel mirino del Garante dovrà  modificare il modello di richiesta di consenso sul sito, affinché siano esplicitate le finalità di marketing.

Il Garante ha detto no

Facendo riferimento anche alle Linee guida del 4 luglio 2013 che disciplinano il fenomeno del social spam, il Garante ha pertanto ritenuto illecito il trattamento degli indirizzi di posta elettronica. “I dati trovati sui social network e, più in generale, presenti online, non possono essere usati liberamente”, ha spiegato il Garante. La tesi sostenuta dalla società secondo la quale l’iscrizione a un social network implica un consenso all’utilizzo dei dati personali per l’attività di marketing non ha pertanto alcun fondamento normativo. Infatti l’invio di messaggi vari, come quelli commerciali, non è compatibile con le funzioni dei social network, che puntano a condivider informazioni e a sviluppare contatti professionali, non a commercializzare prodotti e servizi.

Anche le Autorità europee si muovono nella stessa direzione

La stessa condotta viene condivisa anche dalle Autorità per la privacy europee. Queste hanno espressamente escluso che l’iscrizione a un servizio presente sul web comporti la legittimità del trattamento dei dati personali da parte di altri partecipanti alla medesima piattaforma per l’invio di informazioni commerciali.

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