Comunicazione: un settore che vive di relazioni, ma è ancora poco rappresentato

Per oltre l’80% dei professionisti impegnati nel mondo della comunicazione l’elemento indispensabile per sviluppare nuove opportunità di business e di crescita è la costruzione di un solido e diffuso network di relazioni. Per la medesima percentuale, pari a 4 professionisti su 5, è inoltre imprescindibile un riconoscimento lavorativo e sociale delle proprie competenze e del proprio ruolo di ‘esperti della comunicazione’. Ma il 73% lamenta l’assoluta mancanza di rappresentanza presso i decisori pubblici, le istituzioni e le business community. Sono alcuni dati relativi all’indagine condotta dall’area comunicatori di Manageritalia executive professional, e realizzata in collaborazione con Astraricerche, Com&tec e tekon Europe su oltre 30 mila professionisti attivi nelle pubbliche relazioni, organizzazione eventi, new media, advocacy, comunicazione corporate, e social media.

Sì a formazione, ma è necessario certificare le competenze

Per 4 intervistati su 5, l’85%, nei prossimi 3-5 anni le proprie competenze professionali dovranno crescere per porsi in sintonia con evoluzioni tecnologiche come l’Intelligenza artificiale e i social media. Competenze che per il 63% del campione dovranno essere sempre più certificate, mentre per il 66% è opportuno che esista un percorso di formazione specifico che porti alla loro certificazione, a garanzia delle proprie credenziali e di quelle del cliente. Infatti, per l’84% del campione i committenti non sono sempre in grado di valutare correttamente la vera qualità della comunicazione e dei comunicatori. 

Qual è la differenza tra comunicazione e informazione?

Per l’81% degli intervistati però è ‘saltata’ la differenza tra comunicazione e informazione, i cui confini sono spesso labili se non addirittura superati. Una mancanza che dovrebbe essere colmata con una corretta formazione deontologica, soprattutto verso giovani comunicatori. Per il 73% del campione è poi necessario disporre di un soggetto, un’associazione o realtà, capace di rappresentare le istanze della categoria. Infatti solo il 32% risulta iscritto a una associazione professionale. Forte anche per il 68% dei comunicatori la richiesta di un sistema assicurativo capace di tutelare gli operatori dagli eventuali rischi professionali, ed è immancabile per il 69% degli intervistati un sistema di welfare integrativo, che affianchi quello pubblico per una migliore cura della salute del comunicatore e dei suoi familiari.

“Il settore della Comunicazione professionale esiste, produce valore ed è in continua crescita”

“I risultati dell’indagine sono molto significativi – commenta Rita Palumbo, coordinatrice nazionale area comunicatori di Manageritalia executive professional – così come lo è il numero di coloro che spontaneamente hanno partecipato alla survey. Il settore della Comunicazione professionale esiste, produce valore ed è in continua crescita. Chiede di essere rappresentato, tutelato, valorizzato. È un obiettivo dell’area comunicatori rispondere ai bisogni di chi svolge questa professione, ed è un dovere quello di offrire opportunità di lavoro di valore alle migliaia di giovani che si laureano in Scienze della Comunicazione, e che in ambiti professionali adeguati, molto potranno dare all’evoluzione dell’intero settore”.

Le piccole e medie esportano di più se investono green e digitale

Da sempre le Pmi offrono un contributo rilevante per lo sviluppo economico, tecnologico e sociale del nostro Paese. Di fatto, le Pmi sono al centro delle catene globali del valore e dei numerosi distretti industriali, elemento fondamentale della diffusione e affermazione del Made in Italy nel mondo, con un ruolo di ‘connettore sociale’ e attore chiave nei processi di transizione verso un mondo più sostenibile, digitale e interdipendente. E le Pmi che abbracciano la Duplice Transizione, green e digitale, sono ancora più resilienti, lungimiranti e consapevoli, ma soprattutto più produttive e competitive. Non solo in ambito nazionale, ma anche internazionale. Emerge da uno studio realizzato da SACE in collaborazione con The European House – Ambrosetti, dal titolo ‘Piccole, medie e più competitive: le Pmi italiane alla prova dell’export tra transizione sostenibile e digitale’.

La Duplice Transizione fa crescere l’export 

Transizione sostenibile e rivoluzione digitale sono i due fenomeni che stanno caratterizzando in modo sempre più nitido e marcato l’attività di impresa. Nel 2022, oltre il 60% delle medie imprese manifatturiere (e quasi il 40% delle piccole) ha intrapreso azioni di sostenibilità, mostrando un’attenzione crescente per questi temi. La cosiddetta Duplice Transizione (Twin Transition) aumenta poi la propensione all’export delle Pmi, tanto che il numero delle imprese che investe in green e digitale ed esporta è superiore del 20% rispetto a quello delle imprese che esportano non facendo alcuna transizione.

Un terzo del fatturato viene realizzato all’estero

Le oltre 200mila piccole e medie imprese italiane producono un giro di affari di oltre 1.000 miliardi di euro, generando quasi il 40% del Valore Aggiunto nazionale, e impiegano 5,4 milioni di lavoratori. Un terzo di tutti gli occupati della penisola. Ma oggi le Pmi italiane realizzano all’estero circa un terzo del proprio fatturato e contribuiscono al 48% dell’export nazionale, rispetto al 20% delle tedesche e francesi, e al 34% delle spagnole. Un trend che si rafforza anche in prospettiva: secondo le previsioni elaborate dall’Ufficio Studi di SACE, le esportazioni delle Pmi italiane sono attese crescere del 6,2% nel 2023, con una prospettiva del 4% nel 2024 e del 3,2% nel biennio 2025/2026, quando supereranno i 300 miliardi di euro.

Nuovi mercati di riferimento: Africa subsahariana e Americhe  

Con riferimento ai mercati di destinazione, a guidare la crescita dell’export delle Pmi italiane quest’anno sarà l’Oriente. Medio Oriente, Asia orientale e centrale sono le aree per cui si prevedono infatti i maggiori incrementi, a fronte di tassi inferiori per l’Europa (+5,5%) e per l’America settentrionale (+6,6%), che rimangono comunque in valore assoluto le principali geografie di sbocco.
Nel 2024 un maggiore dinamismo si rileverà in Africa subsahariana (+5,6%), America centro-meridionale (+5,4%) e America settentrionale (+5,1%).

Fake news: difficile scoprirle, ma per quasi il 30% non esistono

Per il 76,5% degli italiani le fake news sono sempre più sofisticate e difficili da scoprire e il 20,2% crede di non avere le competenze per riconoscerle. Ma il 29,7% nega l’esistenza delle bufale e pensa che non si debba parlare di fake news, ma di notizie vere che vengono deliberatamente censurate dai palinsesti. Inoltre, il 75,1% della popolazione ritiene che con l’upgrading tecnologico verso l’Intelligenza Artificiale sarà sempre più difficile controllare la qualità dell’informazione, riporta Ansa.
Emerge dal Rapporto Ital Communications-Censis dal titolo ‘Disinformazione e fake news in Italia. Il sistema dell’informazione alla prova dell’Intelligenza Artificiale’.

Tanta informazione, soprattutto online

Pandemia e vita digitale hanno spinto in avanti la domanda di informazione degli italiani, in un processo che sembra inarrestabile. Oggi circa 47 milioni di italiani (93,3%) si informa abitualmente su almeno una delle fonti disponibili, l’83,5% sul web e il 74,1% sui media tradizionali. Di contro, circa 3 milioni e 300mila (6,7%), hanno rinunciato a un’informazione puntuale, mentre 700mila non si informano affatto. Al palinsesto dato, e uguale per tutti, si è sostituito il palinsesto personalizzato, con un primato dello schermo e del linguaggio audiovisivo. Il risultato è che solo il 13,8% si rivolge a un’unica fonte di informazione, soprattutto over64, che si limitano alla fruizione dei media tradizionali.

La dieta mediatica degli italiani

Il 79,5% consulta invece più di due fonti informative e il 62,9% ne consulta tre o più.
Si tratta di dati positivamente correlati con l’età e il titolo di studio: più si è giovani e scolarizzati, maggiore è il numero delle fonti da cui si attingono notizie. La combinazione di più fonti informative a comporre il palinsesto di ciascuno si riflette anche in un bilanciamento di fonti online e offline, tradizionali e no nella dieta mediatica individuale. Il 64,3% degli italiani dichiara di utilizzare un mix di fonti informative, tradizionali e online, un 9,9% attinge solo ai media tradizionali e un 19,2%, poco meno di 10 milioni di italiani, si affida esclusivamente alle fonti online. Questi ultimi, soprattutto giovani, sono i più esposti a disinformazione e fake news.

Molta comunicazione e tanta confusione: il caso riscaldamento globale

Il riscaldamento globale è un caso esemplare di comunicazione eccessiva e poco chiara, che alimenta cattiva informazione, catastrofismo e negazionismo, rischiando di provocare effetti non desiderati sui modi di pensare e sui comportamenti della popolazione. Il 34,7% degli italiani è convinto che ci sia un allarmismo eccessivo sul cambiamento climatico e il 25,5% ritiene che l’alluvione di quest’anno sia la risposta più efficace a chi sostiene che si sta progressivamente andando verso la desertificazione.
I negazionisti, convinti che il cambiamento climatico non esista, sono il 16,2% della popolazione. Gli individui più fragili, i più anziani e i meno scolarizzati, sono quelli che appaiono più confusi e meno in grado di comprendere il problema nella sua complessità.

eCommerce, la moda donna si vende soprattutto via mobile e… la domenica

Le vendite di capi di abbigliamento online continuano a crescere, soprattutto la domenica, mentre l’utilizzo dei dispositivi mobili rimane predominante nel 2022. Gli utenti tendono ad acquistare principalmente abbigliamento formale, soprattutto nel settore del fast fashion, generando un elevato traffico online, ma con alti tassi di abbandono del carrello. Casey Turnbull, autrice dello studio, afferma che l’ecommerce della moda è uno dei settori più dinamici al mondo.

Il boom delle vendite on line? Nel periodo del Black Friday

Il report su trend e statistiche del settore e-commerce della moda per il 2023, realizzato da SaleCycle, azienda specializzata in remarketing, rivela che l’aumento delle vendite online ha raggiunto il suo picco a gennaio, influenzato dal boom del Black Friday registrato nel novembre precedente. Il mobile continua a crescere, con un aumento delle vendite del 41% rispetto al 2020 e del 2,45% rispetto al 2021. Tuttavia, l’Europa registra un alto tasso di abbandono del carrello, pari all’83,48%.
L’autrice del report, Casey Turnbull, sottolinea che il settore e-commerce della moda si adatta rapidamente alle stagioni, ai cambiamenti nel comportamento di navigazione e acquisto degli utenti, all’evoluzione della tecnologia e alle condizioni di mercato. Si prevede pertanto prevede una crescita annuale del 11,5% nel settore, raggiungendo un valore di 1.501,3 miliardi di dollari entro la fine del 2027.

Gli abiti da donna gli articoli più acquistati

Nel 2022, gli abiti da donna sono stati gli articoli più acquistati, seguiti da t-shirt, jeans e maglioni. Il settore del fast fashion ha registrato più acquisti rispetto a quello del lusso, con quasi 12,5 milioni di acquisti in Europa. La pandemia di Covid-19 ha influenzato la crescente domanda di abbigliamento formale, poiché molti eventi sono stati posticipati o riorganizzati.

Si compra nel tempo libero

Gli utenti preferivano fare acquisti nel loro tempo libero, con un picco di vendite online la domenica (16,22%) e soprattutto alle ore 21:00, quando aumentava l’impulso di acquisto. Il mobile shopping continua a crescere e rappresenta quasi il 72% delle vendite, superando di gran lunga lo shopping da desktop, che costituisce solo il 28% delle vendite online. Tuttavia, i tassi di abbandono del carrello nel settore e-commerce della moda sono elevati, soprattutto da mobile (85,55%) e nel settore del lusso. Le ragioni sono varie: costi imprevisti, spese di spedizione o tasse, preoccupazioni sulla sicurezza del sito web, cambi di idea durante la navigazione, informazioni e recensioni sul prodotto insufficienti.
Turnbull ipotizza che i tassi di abbandono più elevati da dispositivo mobile possano essere dovuti alla percezione di una shopping experience meno comoda o complicata rispetto alla UX da desktop. 

L’AI ridisegna il mercato del lavoro tra paure e tecno-entusiasmo 

Secondo l’ultimo rapporto del World Economic Forum nel 2027 la diffusione dei sistemi di Intelligenza artificiale permetterà la creazione di 69 milioni di nuovi posti di lavoro. Di contro, 83 milioni saranno eliminati, con macchine e robot umanoidi che arriveranno a svolgere il 43% delle mansioni rispetto al 34% delle attuali.  Ma tra ‘apocalittici e integrati’ i lavoratori si dividono sull’innovazione e l’introduzione nel mondo delle aziende dell’AI. Emerge da Stranger Skills, la ricerca realizzata da PHD Italia, l’agenzia media, comunicazione e marketing di Omnicom Media Group, che evidenzia proprio come per il 30% degli intervistati l’AI rappresenti la principale tecnologia che verrà implementata all’interno delle imprese.

La formazione combatte l’ansia tecnologica

“Il tecno entusiasmo – afferma Lorenzo Moltrasio, Managing Director PHD Italia – va di pari passo con l’ombra lunga di un’ansia diffusa per la paura di essere tagliati fuori dalla prossima grande rivoluzione tecnologica. In questo l’azienda ha un ruolo sempre più strategico, abbracciando l’esigenza della formazione continua per sfidare il presente e costruire il futuro”.
Lo studio evidenzia come il 72% dei lavoratori ritiene che sia proprio l’azienda a dover prevedere l’aggiornamento professionale. L’Intelligenza artificiale, infatti, se da un lato comporterà la scomparsa di alcuni posti di lavoro, dall’altro favorirà la nascita di nuove professionalità. Come ad esempio nel marketing, dove molte aziende stanno cercando esperti che possano utilizzare l’AI per migliorare le strategie pubblicitarie.

Conversational AI Developer e Decision Science

Quello dell’AI è un mercato ‘caldo’, che vedrà la nascita di inedite figure professionali, come i Conversational AI Developer, che utilizzano la tecnologia per creare annunci pubblicitari interattivi, dove gli utenti possono interrompere il flusso dell’annuncio e parlare direttamente con i personaggi dello spot.
Una nuova modalità di advertising, che punta ad aumentare l’interesse degli utenti e migliorare la probabilità di acquisto del prodotto o servizio pubblicizzato.
Altra figura professionale inedita sarà il Decision Science. Si tratta di scienziati dei dati che addestrano algoritmi di apprendimento automatico per prendere decisioni di marketing. Algoritmi che vengono addestrati per prendere 50.000 decisioni di offerta al secondo, per scegliere l’asset pubblicitario perfetto da mostrare.

La skill del futuro è la creatività

Ma quali saranno le skill più richieste in un mercato che vedrà la progressiva automazione di buona parte delle mansioni? La ricerca conferma il ruolo fondamentale dell’aspetto umano: in particolare, la creatività, che rappresenterà un’esigenza fondamentale per una persona su tre. 
“La forte domanda di creatività potrebbe trovare proprio risposta nell’adozione dell’AI, permettendo una crescita delle opportunità di sganciarsi dall’operatività per dedicarsi ad attività di pensiero”, aggiunge Moltrasio.
Il mondo del lavoro richiede con sempre maggiore frequenza capacità di pensare in maniera analitica e creativa, curiosità, apprendimento costante, empatia, ascolto attivo, capacità di leadership e di influenza a livello sociale. Un insieme di elementi che concorrono a indicare quali saranno le nuove geografie del lavoro e della società nell’era dell’AI.

Gli italiani risparmiano con i saldi estivi, ma non rinunciano alle vacanze 

Inflazione, costi energetici e attenzione per l’ambiente spingono quasi 6 italiani su 10 a risparmiare sulla quantità di ciò che acquistano e a contenere i consumi energetici. Nondimeno, gli italiani non intendono rinunciano alle vacanze estive. E se il turismo nazionale guida le preferenze c’è chi torna a viaggiare all’estero È quanto rileva l’Holiday Shopping Outlook, di Bain & Company Italia realizzato in collaborazione con Toluna.
“In vista dei saldi estivi, oltre un italiano su quattro spenderà di più rispetto all’anno precedente, tendenza comune per uomini e donne, e particolarmente accentuata nelle generazioni più giovani – commenta Andrea Petronio, Senior Partner e Responsabile Retail di Bain & Company Italia -. Il budget di spesa medio previsto si attesta sui 176 euro”.

Più Outlet e grandi magazzini meno acquisti online

L’abbigliamento come sempre sarà il più gettonato durante i saldi (82%), seguito dai prodotti per la cura della persona (29%) e gli alimentari (26%). Rispetto alla stagione invernale aumentano di rilevanza nelle scelte dei consumatori grandi magazzini, Outlet o negozi a basso prezzo, a conferma della crescente ricerca di convenienza, mentre si normalizza il canale online. E la sostenibilità svolge un ruolo sempre più importante nelle decisioni di acquisto: il 61% dei consumatori è orientato ad acquistare prodotti sostenibili anche durante i saldi estivi, soprattutto tra le fasce di età più giovani.

Aumentano i vacanzieri rispetto al 2022

“Anche le aspettative degli italiani sulle proprie vacanze sono in forte crescita quest’anno, con un aumento dal 56% al 78% di coloro che partiranno rispetto al 2022 – prosegue Petronio -. L’Italia rimane la meta preferita, mentre per chi andrà all’estero l’Europa guida la classifica con il 77% delle preferenze, seguita da Nord America (10%) e Asia (9%). La durata delle vacanze per la maggior parte degli italiani sarà di 1 o 2 settimane”.
Il mare rimane la meta preferita per il 72% degli italiani, seguito dalle città d’arte (32%) e dalla montagna (27%).

Hotel, casa in affitto, B&B o ospiti da amici

Per quanto riguarda l’alloggio, circa la metà degli italiani opterà per soggiorni in hotel, seguiti da case in affitto o B&B (43%), case di proprietà o di amici e parenti. Quanto alla spesa, il 37% degli italiani prevede di spendere di più rispetto all’anno scorso, mentre solo il 10% prevede di risparmiare per le vacanze. In media, gli italiani hanno messo a budget circa 1.180 euro, spesa in larga parte destinata all’alloggio. Oltre la metà degli italiani prenota autonomamente le vacanze online, con l’eccezione dei Boomers, che preferiscono prenotare ‘in loco’ (30%) o essere ospitati da amici (14%).

L’Italia attira gli investitori esteri nonostante le criticità

Secondo il Super Index Aibe, l’indice che misura l’attrattività dei Paesi del G20 per gli investitori internazionali, per il secondo anno consecutivo l’Italia è al 9° posto. Un livello di attrattività che può contare sulle performance positive di export (5° posto), capitale umano disponibile (8°), logistica (7°) e sostenibilità ambientale (5°). Rispetto all’anno passato nel 2023 l’Italia migliora il suo punteggio complessivo (55,2 punti su 100 rispetto ai 38,8), superiore al punteggio medio (51,2), ma inferiore ai Paesi con le migliori performance (Germania, Corea del Sud, Canada e Regno Unito).
Emergono però ancora alcune criticità, soprattutto riguardo l’adeguatezza delle procedure per ‘fare impresa’, adempimenti fiscali, percezione della corruzione, processi di digitalizzazione, e stato di diritto, ambiti in cui l’Italia occupa il 9° posto del Super Index.

Politica dei tassi e inflazione condizionano la crescita

È quanto emerge dall’Osservatorio sull’attrattività dell’Italia presso gli investitori esteri (primavera 2023) realizzato dal Censis per Aibe (Associazione Italiana delle Banche Estere).
Le stime del Fondo monetario internazionale sulla crescita globale per il 2023 hanno registrato tra gennaio e aprile una revisione al ribasso (dal 2,9% di inizio anno al 2,8% attuale). Le opinioni raccolte da Aibe nel mese di aprile sui fattori che condizionano maggiormente la crescita convergono su due aspetti: la politica dei tassi d’interesse adottata da Fed e Bce, e la durata per tutto il 2023 di un’alta inflazione. Meno rilevante, il prolungamento della guerra in Ucraina, nei confronti della quale sembrerebbe che gli effetti dirompenti emersi all’inizio del conflitto siano stati in parte riassorbiti.

Se il Paese non avanza le cause sono interne

Per la maggioranza del panel, il fattore che oggi condiziona maggiormente la crescita in Italia è costituito dai ritardi di attuazione del Pnrr, oltre all’eccesso di indebitamento pubblico, dovuto alle misure di contenimento dei prezzi dei prodotti energetici e alle politiche di stimolo dell’attività economica varate nei mesi scorsi. Segue l’incertezza politica, che indebolisce l’azione del Governo in campo economico e nelle riforme, e la debolezza della domanda interna. Le cause del basso potenziale di crescita per l’Italia sono quindi da ricercare all’interno del Paese, e da attribuire alla scarsa capacità di sfruttare opportunità uniche come le ingenti risorse finanziarie messe a disposizione dall’Unione europea per risollevare i sistemi economici e sociali europei dalla crisi prodotta dalla pandemia.

Al 17° posto per flussi di investimenti esteri rispetto al Pil

L’Italia occupa il 17° posto in graduatoria per quanto riguarda la quota percentuale dei flussi di investimenti esteri in entrata rispetto al Pil. Secondo le opinioni del panel di esperti internazionali, la performance non pienamente positiva del nostro Paese dipende dalle caratteristiche del sistema produttivo italiano, fortemente incentrato sulla piccola dimensione d’impresa, che non favorisce l’ingresso di capitali dall’estero. Tra le altre cause, la ridotta capacità competitiva del settore terziario, soprattutto se confrontato con il manifatturiero, riconosciuto invece come in grado di garantire un ritorno positivo degli investimenti.

Musei e Teatri: nel 2022 ricavi quasi a livello pre-pandemia

Nel 2022, musei, monumenti e aree archeologiche italiane hanno registrato in media solo il 7% in meno di visitatori e il -4% delle entrate rispetto al 2019. Analoga situazione per i teatri, i cui ricavi da botteghino si rivelano in calo solo del 6% rispetto al pre-pandemia. Anche la ripartizione delle entrate di musei e teatri è tornata a rispecchiare la situazione pre-pandemica, con una media del 36% di ricavi provenienti da biglietteria (37% nel 2019). Sono alcune evidenze emerse dalle indagini dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali della School of Management del Politecnico di Milano.

Dalla biglietteria al Metaverso

Oggi il 72% di musei, aree archeologiche e monumenti offre almeno uno strumento per arricchire l’esperienza di visita onsite, con prevalenza di QR-code e beacon, seguiti da audioguide e touch screen. L’ambito di investimento considerato prioritario si conferma anche per il 2023 la catalogazione e digitalizzazione delle collezioni, ma si registra un ulteriore passo avanti dei musei per la biglietteria online (46%, +8% rispetto al 2022). Per i teatri, gli ambiti prioritari di investimento restano marketing, comunicazione e customer care, seguiti da ticketing e gestione delle prenotazioni.
La trasformazione digitale del comparto si traduce anche in aumento dei musei che producono podcast (dal 9% al 16% in un anno), mentre circa uno su quattro sta acquisendo informazioni riguardo a Metaverso e Blockchain, e un piccolo cluster di sperimentatori sta già realizzando progetti legati soprattutto alla creazione di NFT su opere digitali o digitalizzate.

Droni e sostenibilità ambientale

Le istituzioni culturali si stanno muovendo anche su ambiti di frontiera, come i droni. Il 18% di musei, monumenti e aree archeologiche ha già realizzato progetti in cui vengono impiegati questi strumenti, nella maggior parte dei casi per attività di valorizzazione, digitalizzazione della collezione, sviluppare contenuti 3D o scansione di siti archeologici.
L’83% delle istituzioni museali italiane ha poi intrapreso almeno un’iniziativa in relazione alla sostenibilità ambientale, e molto simile è la situazione dei teatri (84%). Al primo posto tra gli ambiti di intervento è l’efficientamento energetico degli impianti (53% delle istituzioni), seguito da riuso e riciclo dei materiali (49%) e attività di sensibilizzazione del personale sui comportamenti sostenibili (45%).

L’attenzione all’accessibilità

I musei italiani sono al lavoro per migliorare le condizioni di accessibilità ai servizi, che nel 2023 risultano ancora non soddisfacenti per molti aspetti. Il 38% presenta barriere architettoniche per accesso fisico e mobilità negli edifici e il 51% non offre alcun servizio per il superamento delle barriere cognitive e senso-percettive. La situazione è invertita in ambito teatrale, dove l’87% è attrezzato per il superamento delle barriere architettoniche, e il 28% è attrezzato per far fronte alle barriere cognitive sensoriali. Per ampliare la possibilità di relazione con il pubblico dalla pandemia le istituzioni culturali continuano a introdurre servizi e contenuti digitali. Il 60% dei musei offre visite guidate, laboratori, workshop o altri contenuti online, e il 24% dei teatri propone spettacoli online.

Nel 2023 il turismo cresce con la sostenibilità 

Il settore del turismo si prospetta molto positivo per il 2023, con trend di crescita elevati. Una novità centrale nelle scelte di viaggio è oggi la sostenibilità. Secondo un’indagine condotta dal Centro di ricerca sulla televisione e gli audiovisivi (CeRTA) e Cattolica per il Turismo, in collaborazione con Publitalia ’80, oltre il 70% dei viaggiatori italiani, europei e americani considera la sostenibilità un fattore cruciale nelle scelte di viaggio. Questa tendenza influenzerà l’identificazione della meta per le vacanze per oltre 200 milioni di presenze turistiche in Italia.

La salvaguardia dell’ambiente è una priorità 

Il ministro del Turismo, Daniela Santanchè, ha sottolineato che un numero crescente di persone si orienta consapevolmente verso il turismo sostenibile per preservare l’ambiente e le comunità. Sebbene l’Italia abbia un vantaggio in termini di sostenibilità culturale grazie alla ricchezza e alla diversità del suo patrimonio artistico, storico, enogastronomico e paesaggistico, è necessario migliorare la sostenibilità ambientale, ad esempio utilizzando mezzi di trasporto a basso impatto e promuovendo le pratiche green delle strutture ricettive.
Il ministro ha indicato che l’obiettivo futuro è fare del turismo la principale industria della nazione, sottolineando il ruolo cruciale della comunicazione nel definire l’attrattività dei territori italiani e la percezione della loro sostenibilità. È necessario aiutare gli operatori turistici a diversificare l’offerta.

L’Italia si conferma fra le destinazioni turistiche top

L’indagine ha confermato che l’Italia è un marchio consolidato e una delle destinazioni più popolari in Europa. Il 2022 è stato un anno di avvicinamento ai livelli pre-pandemia per i flussi turistici, grazie sia  alla domanda interna sia alla forte accelerazione di quella estera. Nel 2023, l’81% degli intervistati italiani, europei e americani prevede di viaggiare quanto o più rispetto al 2022, segnando un sorpasso sul 2019.

Nella scelta di viaggio almeno un criterio di sostenibilità

La sostenibilità gioca un ruolo strategico nella ripresa del settore turistico. La ricerca ha evidenziato che per il 72% dei viaggiatori la scelta di viaggio è influenzata da almeno un criterio di sostenibilità, come mezzi di trasporto, destinazioni, strutture ricettive, impatto ambientale e culturale, tradizioni e produzione locale. In sintesi, oltre 200 milioni di presenze in Italia sono sensibili alla percezione di sostenibilità. In prospettiva, il ruolo della sostenibilità acquisterà un peso sempre maggiore. Il 77% degli intervistati afferma infatti che ne terrà conto nelle proprie intenzioni di viaggio nei prossimi due anni. 

Un’occasione per consolidare il primato dell’Italia 

L’industria delle crociere in particolare prevede un anno record nel 2023, con una forte attenzione alla sostenibilità in tutte le fasi dell’esperienza di viaggio. La sostenibilità è quindi un elemento chiave per il turismo nel 2023, non solo per la salvaguardia dell’ambiente, ma anche per la valorizzazione delle tradizioni culturali, l’economia locale e la soddisfazione complessiva dei viaggiatori. L’Italia ha la possibilità di sfruttare il suo incredibile patrimonio e adottare pratiche sostenibili per consolidare la sua posizione come una delle principali destinazioni turistiche al mondo.

Decreto Lavoro e nuove misure: le opinioni degli italiani

Il Governo ha varato il Decreto Lavoro proprio in occasione della Festa del Lavoro del Primo Maggio. E dall’ultimo sondaggio Ipsos, pubblicato sulle pagine del Corriere della Sera, da parte del 46% dei nostri connazionali emerge un complessivo giudizio positivo. Ma se un 14% è più convinto, per un ulteriore 32% tale direzione dovrà essere confermata anche in futuro con il prosieguo della riduzione del cuneo fiscale, il cui termine è stabilito per la fine del 2023.
I contrari (28%) sono invece del parere che i sostegni sociali siano troppo ridotti rispetto ai bisogni reali, e tale misura aumenti la precarietà del lavoro.

La scelta di varare il Decreto il Primo Maggio

Per il 33% la scelta di varare il decreto proprio in occasione del Primo Maggio denota un chiaro intendimento da parte del Governo di volere, in qualche misura, ridimensionare l’iconografia complessiva della Festa del Lavoro, sfidando i sindacati. Il 31% dichiara che la concomitanza fra il varo del decreto e il Primo Maggio sia stata quanto mai opportuna per dare ulteriore importanza alla celebrazione del lavoro, con gli elettori FDI al 58%, gli elettori Lega-FI-Noi moderati al 64%, mentre è di questo parere solamente il 13% dei dem e il 21% dei pentastellati. In merito ai singoli provvedimenti contenuti nel Decreto, la riduzione del cuneo fiscale convince il 48%, a fronte di un 18% che esprime un giudizio negativo, e di un 34% che non si esprime.

I singoli provvedimenti

Per quanto concerne la nuova disciplina del contratto di lavoro a termine, con l’allungamento della durata oltre i 12 mesi e fino a un massimo di 24 mesi, la contrapposizione tra favorevoli e contrari si posiziona in entrambi i casi al 32%, con un 36% di coloro che non si esprimono o non sono a conoscenza di questa modifica. L’estensione della soglia di utilizzo dei voucher per prestazioni occasionali in alcuni settori incontra il favore del 34% e la contrarietà del 31%, mentre il 36% non si esprime. L’Assegno di inclusione e il Supporto per la formazione e il lavoro dei cosiddetti occupabili sono accolti con favore dal 39%. In particolare, il 19% è convinto che tali provvedimenti riducano i rischi di abusi e frodi.

Disoccupati e occasionali non si esprimono

Al contrario il 29% si esprime negativamente (67% elettori del Pd e 65% tra quelli del M5S) perché è del parere che tale cambiamento riduca gli importi erogati (13%) o la platea degli aventi diritto (16%), acuendo i problemi sociali. Anche in questo caso, è elevata (32%) la quota di coloro che non si esprimono sull’introduzione delle nuove norme al posto di quelle previste dal Reddito di Cittadinanza.
Nel complesso si registra un atteggiamento di maggiore favore per le misure contenute nel Decreto Lavoro da parte dei ceti produttivi e dei dipendenti del settore privato, mentre tra disoccupati e dipendenti occasionali, o con contratto a termine, prevale nettamente la quota di coloro che non si esprimono.

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