Luce e gas, mercato tutelato in scadenza da gennaio 2024: cosa succede?

A partire dal 10 gennaio 2024 per il gas e dal 1° aprile 2024 per l’energia elettrica gli utenti italiani dovranno dire addio al regime a prezzi regolamentati stabiliti dall’Arera, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente.
Sono queste le date fissate per la fine del mercato tutelato di luce e gas, e gli italiani saranno obbligati a scegliere un fornitore nel mercato libero.  

Secondo Arera, la tutela di prezzo per i clienti domestici non vulnerabili di gas naturale, ovvero, famiglie e condomini, terminerà appunto a gennaio 2024, mentre per quelli di energia elettrica a partire da aprile 2024.

La transizione al mercato libero non comporterà un’interruzione immediata delle forniture

Le microimprese clienti di energia elettrica hanno invece già concluso il passaggio ad aprile 2023.In ogni caso, la transizione dal mercato tutelato a quello libero non comporterà una interruzione immediata delle forniture a coloro che non effettueranno la scelta in tempo.

Chi non effettuerà in tempo la scelta tra i fornitori nel mercato libero verrà incluso nel servizio a tutele graduali.
Una questione ancora in sospeso riguarda la possibilità di una proroga. Nonostante non ci siano ancora conferme ufficiali, diverse voci politiche hanno espresso la volontà di estendere il termine.

In previsione c’è una proroga di qualche mese?

Vannia Gava, la viceministra dell’Ambiente, ha dichiarato: “Prevedremo una proroga di qualche mese. Stiamo lavorando in questa direzione”, mentre il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha commentato: “Stiamo lavorando non tanto a un percorso giuridico di proroga, ma a un approfondimento serio, tecnico, realistico sulle modalità di uscita. Il nostro dovere è che la fine del mercato tutelato sia più liscio, informato e semplice possibile – spiega il ministro -. Sto aspettando che gli operatori e Arera mi diano tutti gli elementi di quello che può essere un percorso tecnico di attuazione”.

Una migrazione per oltre 10 milioni di utenze domestiche

Ma, continua il ministro Pichetto Fratin, “Non è una proroga giuridica, ma è un ragionamento che stiamo facendo con dei tempi certi, che diano la garanzia di informazione alle famiglie e di rapporto con le banche”.

Dal canto loro, con oltre 10 milioni di utenze domestiche da migrare, le associazioni dei consumatori stanno esercitando pressione per ottenere una proroga.
Tuttavia, fino a nuove comunicazioni, le date da tenere a mente rimangono il 10 gennaio 2024 per il gas e il 1° aprile 2024 per l’elettricità.

Torino green: L’energia solare come soluzione per un futuro sostenibile

Torino si trova di fronte ad una sfida cruciale: la necessità di trasformare il proprio sistema energetico in modo sostenibile, riducendo l’impatto ambientale e garantendo un futuro migliore per le generazioni a venire.

In questo contesto, l’energia solare appare come una soluzione irrinunciabile, dato che offre numerosi vantaggi e opportunità sia per l’ambiente che per i cittadini in generale.

Impianti fotovoltaici: L’energia solare che diventa elettricità

Grazie all’installazione di moderni impianti fotovoltaici, l’energia solare può essere catturata e convertita direttamente in elettricità. Questi sistemi permettono di sfruttare al massimo il potenziale energetico del sole, trasformando la sua luce in corrente elettrica pulita e gratuita.

A Torino, l’installazione di impianti fotovoltaici sul tetto di edifici residenziali, commerciali e industriali può essere una risorsa in grado di contribuire in modo significativo alla produzione di energia sostenibile.

Vantaggi economici e incentivi

Il fotovoltaico a Torino non solo porta benefici ambientali, ma anche vantaggi economici. Grazie agli incentivi statali e regionali infatti, è possibile ottenere agevolazioni fiscali, finanziamenti agevolati e tariffe incentivanti per l’energia prodotta e immessa in rete.

Questi incentivi, combinati con il risparmio sulla bolletta energetica a lungo termine, rendono l’energia solare una soluzione sicuramente allettante per tutti i piemontesi.

L’energia solare rappresenta dunque un investimento intelligente che non solo contribuisce alla salvaguardia dell’ambiente, ma anche ad un concreto risparmio per gli individui e le aziende.

L’energia solare come risorsa inesauribile

Il sole è una fonte di energia inesauribile e disponibile gratuitamente per tutti. Torino, con la sua posizione geografica privilegiata al centro de Piemonte, gode di una buona esposizione solare durante tutto il corso dell’anno.

Sfruttare questa risorsa significa svincolarsi dalle fonti di energia tradizionali, riducendo la dipendenza da combustibili fossili e contribuendo alla riduzione delle emissioni di gas serra.

Già questo è un ottimo argomento da considerare per accelerare la transizione verso il fotovoltaico, al quale tutti dovremmo essere sensibili.

Un investimento a lungo termine

Un impianto fotovoltaico rappresenta un investimento a lungo termine. Non solo permette di ridurre i costi energetici nel tempo, ma aumenta anche il valore dell’abitazione o edificio.

Infatti, un’abitazione o edificio che dispone di un impianto fotovoltaico diventa più attraente sul mercato immobiliare grazie alla sua sostenibilità energetica e alla riduzione delle spese legate all’elettricità.

Il futuro energetico di Torino: verso una città sostenibile

Torino ha davanti a sé l’opportunità di diventare una città all’avanguardia per quanto riguarda la sostenibilità energetica, grazie ad una maggior diffusione degli impianti fotovoltaici.

Questa transizione richiede chiaramente il coinvolgimento di cittadini, aziende e amministrazioni locali.

Attraverso la promozione di politiche energetiche credibili, l’educazione sulla sostenibilità e l’adozione massiccia di impianti fotovoltaici, Torino può infatti diventare un esempio di città sostenibile per tutto il paese.

Pannelli fotovoltaici obbligatori dal 2030?

L’Unione Europea ha recentemente annunciato la sua intenzione di rendere obbligatori i pannelli fotovoltaici per tutti gli edifici pubblici e commerciali a partire dal 2026, e per tutti gli edifici residenziali a partire dal 2030.

Questa decisione è un passo importante verso la ripresa dell’economia europea e la riduzione della nostra dipendenza dalle fonti energetiche fossili.

Tali obblighi, a quanto pare, dovrebbero comunque scattare solo per edifici che superano una determinata cubatura, dunque non si tratta di una misura ceh riguarderà la totalità degli immobili.

Prospettive future

Dunque, l’energia solare appare proprio come una soluzione vincente per un futuro più sostenibile a Torino, così come nel resto del paese.

Sfruttare l’abbondante risorsa solare della regione Piemonte è un modo intelligente per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare sui costi energetici e creare una comunità più “Green”.

Investire nell’energia solare significa abbracciare un futuro migliore, in cui la sostenibilità è al centro di ogni decisione energetica.

Torino ha la possibilità di diventare un esempio di città sostenibile, guidando il cammino verso un mondo più pulito e sostenibile per tutti.

Italia al sesto posto in Europa per i costi dell’energia elettrica 

Noi italiani spendiamo tanti in bollette, lo sappiamo. Ma che differenze ci sono rispetto ai nostri “vicini” europei? Ecco qualche dato fornito da Facile.it, che ha esaminato i dati Eurostat più recenti sul prezzo medio dell’elettricità per i clienti domestici in Europa.
L’analisi rivela che l’Italia, nel primo semestre dell’anno, si colloca tra i paesi con le tariffe più elevate in UE.

Spendiamo più di svedesi, francesi e spagnoli

In Italia, l’utilizzo di un forno elettrico costa agli utenti in media 77 euro all’anno, rappresentando un aumento del 42% rispetto agli svedesi, del 63% rispetto ai francesi e addirittura più del doppio (+107%) degli spagnoli. La disparità non è dovuta alle ricette, bensì alle tariffe dell’elettricità.
Tra i 27 paesi dell’UE, l’Italia si posiziona come il sesto paese più costoso per l’energia elettrica, con un costo medio di 0,378 €/kWh, incluse tasse ed oneri. Alcuni stati dell’UE presentano tariffe ancora più elevate, come i Paesi Bassi (+26%), il Belgio (+15%) e la Germania (+9%). Al contrario, ci sono paesi con tariffe inferiori, come la Svezia (-29%), l’Irlanda (-35%), la Francia e la Grecia (entrambe -39%), e la Spagna (-52%).

Quanto costa l’utilizzo degli elettrodomestici?

La differenza nelle tariffe si riflette sul costo dell’uso di elettrodomestici. Ad esempio, per fare la lavatrice 220 volte l’anno, gli italiani spendono circa 111 euro, mentre i francesi solo 68 euro e gli spagnoli 53 euro. L’utilizzo del frigorifero comporta costi maggiori in Italia (193 euro) rispetto all’Irlanda (126 euro), al Portogallo (105 euro) e alla Spagna (93 euro).
Anche l’uso della lavastoviglie è costoso in Italia, con una spesa annua di 92 euro, più conveniente rispetto ai Paesi Bassi (116 euro), ma decisamente più costoso se confrontato Grecia e Francia (entrambi 57 euro), Spagna (45 euro) e Ungheria (28 euro).

Anche TV e phon incidono sulla bolletta

Anche attività quotidiane come guardare la televisione o asciugarsi i capelli comportano costi diversi nei vari paesi. Ad esempio, guardare la TV per 4 ore al giorno costa 49 euro in Italia, 32 euro in Irlanda.
L’uso del phon per 5 minuti al giorno costa 23 euro in Italia, 14 euro in Francia e 7 euro in Ungheria.

A parità di consumi, l’Ungheria è il paese più conveniente 

Considerando una famiglia italiana tipo con un consumo di 2.700 kWh, le bollette dell’energia elettrica potrebbero ammontare a circa 1.021 euro in Italia nel 2023. Nei paesi con tariffe più elevate, come Germania (1.114 euro) e Paesi Bassi (1.283 euro), la spesa è superiore.
Al contrario, in paesi come Svezia (720 euro), Irlanda (669 euro), Grecia (628 euro) e Spagna (492 euro), a parità di consumi la bolletta sarebbe più contenuta. L’Ungheria si distingue notevolmente con una spesa annua di soli 313 euro, dimostrando una notevole differenza nei costi dell’energia elettrica rispetto all’Italia.

Natale 2023: lo shopping è green per 6 italiani su 10

Lo shopping di prodotti second-hand è una tendenza in crescita per chi è alla ricerca dei regali di Natale. Fa bene al portafoglio, al Pianeta e a coloro che vogliono mettere in vendita gli articoli che non usano più e ricavarne un guadagno extra. E sono soprattutto le generazioni più giovani le più inclini a fare questa scelta (71%).

Insomma, l’economia circolare piace anche a Natale, tanto che 6 italiani su 10 prendono in considerazione l’acquisto di prodotti second-hand, e 1 su 5 ammette che quest’anno spenderà di più per comprare regali ‘usati’ rispetto allo scorso anno, per una spesa media di 49,13 euro e l’acquisto di oltre 3 oggetti riutilizzati.

La sostenibilità fa risparmiare, e trovare oggetti unici

A indagare le tendenze di acquisto degli italiani per le prossime festività è la ricerca condotto da Wallapop, piattaforma di prodotti second-hand, in collaborazione con mUp.
Nel 2022 chi ha scelto di acquistare e vendere oggetti second-hand su Wallapop ha contribuito a evitare la produzione di 22.031 tonnellate di plastica, l’equivalente di materiale che servirebbe a creare una fila di fenicotteri gonfiabili da Parigi a Barcellona, e 31 tonnellate di rifiuti, tanti quanti sono generati nella città de L’Aquila in un anno.

Di fatto, 3 italiani su 4 quest’anno compreranno prodotti second-hand per Natale. Tra le ragioni che li spingono a fare questa scelta il 32% sottolinea la possibilità di trovare oggetti unici, e il 29% il risparmio economico.

Il second-hand trionfa sotto l’albero

Tuttavia, la sostenibilità sta diventando una motivazione decisiva. Infatti, circa 1 italiano su 4 prenderà in considerazione questo aspetto in misura maggiore rispetto allo scorso anno in occasione dello shopping natalizio.

Se sono soprattutto gli intervistati di età compresa tra 18 e 24 anni i più propensi a valutare la sostenibilità dei regali di Natale (33%), la maggior parte degli italiani (84%) si mostra comunque aperta a questo tipo di consumo ed è consapevole dell’impatto ambientale delle proprie azioni.
Gli italiani sono anche aperti a ricevere un regalo second-hand. Oltre l’80% vorrebbe volentieri un prodotto riutilizzato come dono di Natale, purché sia in condizioni perfette.

Libri, piccoli elettrodomestici, smartphone e giocattoli i più desiderati

I libri sono i regali second-hand più apprezzati da ricevere per la maggior parte degli intervistati (41%), seguiti da piccoli elettrodomestici (27%) e smartphone (22%).
Per quasi la metà degli italiani (49%), riporta Adnkronos, un libro è anche il miglior regalo riutilizzato da mettere sotto l’albero, seguito da piccoli elettrodomestici (31%) e giocattoli (24%).
La maggior parte degli intervistati (72%) crede poi che i bambini difficilmente riuscirebbero a distinguere un prodotto nuovo da uno usato.

Ecoansia: che cos’è e quanti italiani ne soffrono?

Quasi la metà della popolazione italiana soffre di ecoansia, una profonda paura dei cambiamenti climatici e delle loro conseguenze. Questo fenomeno è in aumento negli ultimi anni, anche a causa della maggiore frequenza degli eventi climatici estremi che colpiscono direttamente la Penisola. Si tratta di un disagio emotivo che colpisce trasversalmente la popolazione, ma ha un impatto particolarmente significativo sui giovani, il cui futuro appare sempre più incerto e minaccioso.

A questo proposito, per la prima volta l’ecoansia è arrivata davanti al Parlamento Europeo, grazie al rapporto “Headway – Mental Health Index 3.0,” di The European House – Ambrosetti, insieme ad Angelini Pharma. L’ecoansia, infatti, è un fattore chiave nell’ambito del benessere mentale.

Un fenomeno più accentuato dove il climate change si fa sentire

L’ecoansia è più evidente nei paesi che stanno già sperimentando i danni del riscaldamento globale, tra cui l’Italia, che è parte del cosiddetto “hotspot mediterraneo,” una delle regioni a più rapido riscaldamento del pianeta. In Italia, il 64% dei cittadini si sente minacciato dai cambiamenti climatici a causa dell’innalzamento del livello del mare e degli incendi boschivi.

A livello europeo, più di un terzo dei cittadini dell’Unione Europea (37%) ritiene di essere esposto alle minacce derivanti dai cambiamenti climatici. Questa percezione trova conferma nei dati sulle catastrofi naturali, che sono aumentate significativamente tra il 1979 e il 2019, passando da 91 a 1.452 eventi registrati.
L’Europa ha sperimentato direttamente gli effetti del cambiamento climatico, con eventi meteorologici estremi che hanno colpito il continente nel 2023, tra cui estesi incendi, inondazioni e temperature record. Questi eventi hanno avuto un impatto sia sulla salute fisica che su quella mentale delle persone.

Una relazione “difficile” tra individuo e ambiente

L’ecoansia nasce dalla relazione tra l’individuo e l’ambiente. Può manifestarsi attraverso una serie di sintomi, tra cui senso di impotenza, disperazione, preoccupazione per la sostenibilità dei propri comportamenti, crisi d’ansia, fobie, malcontento, rabbia, sindromi depressive, disturbi del sonno, irritabilità, perdita di memoria, tendenza all’isolamento e abuso di alcol e sostanze.

Per affrontare l’ecoansia, è possibile ricorrere alla psicoterapia, eventualmente integrata da un supporto farmacologico. Inoltre, è importante mettere in atto azioni quotidiane a favore della sostenibilità per recuperare un senso di possibilità e combattere il senso di impotenza.

Risolvere il problema alla radice

L’Unione Europea ha intrapreso iniziative come il Green Deal e ha impegnato tutti i suoi membri a raggiungere emissioni zero entro il 2050, riducendo le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030. L’impegno politico e le politiche europee possono fare la differenza nella lotta contro il cambiamento climatico.

Rivoluzione tasse: cosa cambia nel 2024?

Una rivoluzione pensata per semplificare il sistema, snellire le procedure e migliorare il rapporto con il contribuente attivando un circolo virtuoso per la riduzione della pressione fiscale.

Si tratta delle prime misure, operative da gennaio 2024, della rivoluzione fiscale vergata dal vice ministro dell’Economia Maurizio Leo, ovvero, revisione dell’Irpef, taglio delle tasse sul lavoro con effetto sulla busta paga, attrazione di aziende e ‘cervelli’, ma anche collaborazione sull’accertamento con imprese grandi e piccole.

Irpef, no tax area e assunzioni

Per il solo 2024 vengono aggiornati scaglioni e aliquote Irpef passando da quattro a tre in vista della flat tax per tutti. Il beneficio massimo corrisponde a 260 euro netti l’anno.
La soglia della no tax area per i lavoratori dipendenti sale da 8.145 a 8.500, equiparandola a quella dei pensionati.

In attesa della completa attuazione della riforma dell’Ires, per il 2024 viene introdotta una maggiore deduzione del 20% per le nuove assunzioni a tempo indeterminato. La deducibilità sale al 30%, nel caso in cui l’impresa decida di assumere lavoratori svantaggiati o con disabilità, donne con almeno due figli minori o disoccupate da almeno sei anni, under 30, Neet ed ex beneficiari del Reddito di cittadinanza.

Rientro di aziende e ‘cervelloni’

Arrivano le agevolazioni fiscali per attività d’impresa e lavoro autonomo in forma associata che riportano le attività in Italia.
Una norma del decreto prevede il taglio del 50% del reddito imponibile ai fini Irpef e Irap per 5 anni. Il beneficio va restituito con gli interessi se si delocalizza prima del quinquennio interessato.

Tasse dimezzate, entro un tetto di reddito di 60mila euro, anche per i lavoratori dipendenti o autonomi che nel 2024 trasferiranno la residenza fiscale in Italia per un massimo di 5 anni. Anche in questo caso sono previste sanzioni con restituzione dello sconto e interessi nel caso in cui venga tradito l’impegno al mantenimento della residenza fiscale per 5 anni.
Restano invariate le disposizioni per i ricercatori e professori universitari già previste.

Tassa per multinazionali, Pmi e aziende più grandi

Con le nuove norme sulla Global minimum tax le multinazionali con fatturato consolidato pari a 750 milioni di euro dovranno pagare almeno il 15% di imposta effettiva. Un intervento che punta ad assicurare parità competitiva tra le imprese arginando gli effetti distorsivi della pratica delle big tech.

Il concordato preventivo biennale per le Pmi permette invece di fissare una base fiscale per due anni escludendo dalla tassazione l’eventuale reddito aggiuntivo. La proposta in merito verrebbe fatta dall’amministrazione fiscale, che sulla base dei dati certi ottenuti grazie alla fatturazione elettronica, l’interoperabilità delle banche dati e l’Intelligenza artificiale può dire al contribuente qual è il suo reddito.
Le norme allo studio sulla cooperative compliance (abbassare la soglia di ingresso fino a 100 milioni di euro di fatturato) puntano invece ad ampliare la platea di accesso per i contribuenti. Si studiano inoltre effetti premiali per i contribuenti virtuosi.

Per l’83% degli italiani il digitale sarà protagonista anche dell’economia

Il digitale, in tutte le sue forme, è ormai centrale nella vita quotidiana, e la maggioranza degli italiani è favorevole a inserirlo nella Costituzione, in particolare, per la cultura e l’educazione dedicata.
Se per tantissimi italiani è chiaro che il digitale sarà protagonista anche del futuro dell’economia (lo pensa l’83%) il 55% vorrebbe appunto che la cultura digitale e l’educazione al digitale venissero inserite nella Costituzione italiana.

Sono alcune evidenze emerse dalla ricerca dal titolo ‘Il digitale popolare’, promossa da Fondazione Italia Digitale e Istituto Piepoli.
La ricerca è stata illustrata durante il Festival del Digitale Popolare, che si è tenuto a Torino a inizio ottobre.

Opportunità e “storture” della rivoluzione digitale vanno affrontate senza paura

La ricerca affronta a largo spettro i principali aspetti del rapporto tra gli italiani e il digitale, e analizza ambiti che vanno dall’istruzione e la formazione alle fake news, dal metaverso e l’Intelligenza artificiale generativa a cibo e alimentazione, gli strumenti digitali per misurare le prestazioni sportive, la sostenibilità, e l’impiego nella Pubblica amministrazione.

Secondo Francesco Di Costanzo, presidente Fondazione Italia Digitale, il digitale, inoltre, “Dovrebbe essere inoltre materia di studio a partire dalla scuola primaria. Le opportunità e anche le ‘storture’ della rivoluzione digitale da gestire vanno affrontate senza paura, ma con una forte conoscenza, consapevolezza, competenza a tutti i livelli: Pubbliche amministrazioni, imprese, professionisti, cittadini”.

L’importanza del digitale nella gestione della vita quotidiana

Insomma, “È un plebiscito – spiega Livio Gigliuto, direttore generale Fondazione Italia Digitale e Presidente Istituto Piepoli -: più di 8 italiani su 10, giovani e meno giovani, da nord a sud, reputano importante il digitale nella gestione della vita quotidiana, e la maggioranza degli italiani, al contrario di quanto si potrebbe pensare, ha più relazioni di prima, proprio grazie agli strumenti digitali”.

Un Paese tecno-ottimista sedotto dall’innovazione

“La politica ha ottenuto un indubbio vantaggio dal digitale: grazie ai social i politici sono più familiari al 30% degli italiani. Sette italiani su dieci si sono rivolti a web e social per didattica e formazione, mentre un italiano su due vuole fare esperienza nel metaverso. Prevalgono gli ottimisti anche nei confronti dell’Intelligenza artificiale – aggiunge ancora Livio Gigliuto all’Adnkronos -. L’Italia si conferma quindi un Paese sedotto dall’innovazione, attraversato da un ‘tecno-ottimismo’ consapevole e maturo, di chi è abituato, anche con la testa nel metaverso, a stare con i piedi per terra”.

Estate turistica 2023, record di pagamenti digitali

L’estate del 2023 si è conclusa con un aumento record dei pagamenti digitali nel settore turistico, registrando un aumento del 32% nelle transazioni rispetto all’anno precedente e un calo del 8,5% nel valore medio delle ricevute digitali in tutta Italia, che è sceso a 27,9 euro. Questo indica una crescente diffusione dei pagamenti con carta e smartphone anche per spese di importo ridotto. Questi dati emergono dall’Osservatorio Turismo Cashless 2023 di SumUp.

La provincia di Forlì-Cesena prima per transazioni 

Secondo l’Osservatorio, le province con il più alto aumento delle transazioni senza contanti sono state Forlì-Cesena (+61,2%), Benevento (+61%) e Piacenza (+60,9%), mentre il valore medio delle ricevute digitali più basso si trova a Lodi (18,7 euro) e il più alto a Vibo Valentia (43,7 euro). La provincia in cui il valore medio delle ricevute cashless è diminuito di più è Trieste (-22,8%), mentre Rovigo ha registrato l’aumento più significativo (+9%). Nel settore della ristorazione, oltre il 56,4% delle transazioni avviene dopo le 21, ma c’è una crescente tendenza a anticipare la cena, con un aumento del +13% nei pagamenti tra le 18:00 e le 21:00.

In aumento le transazioni in tutte le Regioni

Umberto Zola, Growth Marketing Lead di SumUp, commenta che la stagione turistica del 2023 conferma la crescita costante dei pagamenti digitali in Italia, con un aumento delle transazioni in tutte le province e una diminuzione delle ricevute digitali quasi ovunque. Zola sottolinea che questo trend è particolarmente evidente grazie al ritorno in Italia dei turisti stranieri, che sono più abituati ai pagamenti con carta. Zola aggiunge che l’aumento dei pagamenti senza contanti nei settori turistici è un segnale positivo, indicando che gli esercenti italiani stanno diventando sempre più attenti nell’offrire questa modalità di pagamento ai turisti, rendendo le loro attività più attraenti e dando loro l’opportunità di espandere il loro business.

I pagamenti soprattutto in bar e club

Durante l’estate del 2023, i settori turistici che hanno registrato il maggior aumento delle transazioni digitali sono stati i bar e i club (+46,5%). Inoltre, con la fine delle restrizioni dovute alla pandemia, l’entertainment ha ripreso a crescere, con un aumento del +44,4% per la musica, i concerti e il cinema, e del +36,9% nei parchi divertimento rispetto al 2022. I pagamenti digitali sono diventati sempre più diffusi anche nei caffè e nei ristoranti, con un aumento del +34,5%, così come nei servizi turistici, con un +25,8%. Anche il settore alberghiero ha registrato una crescita, seppur meno significativa, con un +8,3%. L’analisi indica che più della metà dei pagamenti nella ristorazione avviene dopo le 21, ma emerge anche una tendenza opposta rispetto al 2022, con un aumento dei pagamenti digitali prima di quest’ora (+13%) e una diminuzione delle transazioni effettuate dopo le nove di sera (-8%).

Comunicazione: un settore che vive di relazioni, ma è ancora poco rappresentato

Per oltre l’80% dei professionisti impegnati nel mondo della comunicazione l’elemento indispensabile per sviluppare nuove opportunità di business e di crescita è la costruzione di un solido e diffuso network di relazioni. Per la medesima percentuale, pari a 4 professionisti su 5, è inoltre imprescindibile un riconoscimento lavorativo e sociale delle proprie competenze e del proprio ruolo di ‘esperti della comunicazione’. Ma il 73% lamenta l’assoluta mancanza di rappresentanza presso i decisori pubblici, le istituzioni e le business community. Sono alcuni dati relativi all’indagine condotta dall’area comunicatori di Manageritalia executive professional, e realizzata in collaborazione con Astraricerche, Com&tec e tekon Europe su oltre 30 mila professionisti attivi nelle pubbliche relazioni, organizzazione eventi, new media, advocacy, comunicazione corporate, e social media.

Sì a formazione, ma è necessario certificare le competenze

Per 4 intervistati su 5, l’85%, nei prossimi 3-5 anni le proprie competenze professionali dovranno crescere per porsi in sintonia con evoluzioni tecnologiche come l’Intelligenza artificiale e i social media. Competenze che per il 63% del campione dovranno essere sempre più certificate, mentre per il 66% è opportuno che esista un percorso di formazione specifico che porti alla loro certificazione, a garanzia delle proprie credenziali e di quelle del cliente. Infatti, per l’84% del campione i committenti non sono sempre in grado di valutare correttamente la vera qualità della comunicazione e dei comunicatori. 

Qual è la differenza tra comunicazione e informazione?

Per l’81% degli intervistati però è ‘saltata’ la differenza tra comunicazione e informazione, i cui confini sono spesso labili se non addirittura superati. Una mancanza che dovrebbe essere colmata con una corretta formazione deontologica, soprattutto verso giovani comunicatori. Per il 73% del campione è poi necessario disporre di un soggetto, un’associazione o realtà, capace di rappresentare le istanze della categoria. Infatti solo il 32% risulta iscritto a una associazione professionale. Forte anche per il 68% dei comunicatori la richiesta di un sistema assicurativo capace di tutelare gli operatori dagli eventuali rischi professionali, ed è immancabile per il 69% degli intervistati un sistema di welfare integrativo, che affianchi quello pubblico per una migliore cura della salute del comunicatore e dei suoi familiari.

“Il settore della Comunicazione professionale esiste, produce valore ed è in continua crescita”

“I risultati dell’indagine sono molto significativi – commenta Rita Palumbo, coordinatrice nazionale area comunicatori di Manageritalia executive professional – così come lo è il numero di coloro che spontaneamente hanno partecipato alla survey. Il settore della Comunicazione professionale esiste, produce valore ed è in continua crescita. Chiede di essere rappresentato, tutelato, valorizzato. È un obiettivo dell’area comunicatori rispondere ai bisogni di chi svolge questa professione, ed è un dovere quello di offrire opportunità di lavoro di valore alle migliaia di giovani che si laureano in Scienze della Comunicazione, e che in ambiti professionali adeguati, molto potranno dare all’evoluzione dell’intero settore”.

Le piccole e medie esportano di più se investono green e digitale

Da sempre le Pmi offrono un contributo rilevante per lo sviluppo economico, tecnologico e sociale del nostro Paese. Di fatto, le Pmi sono al centro delle catene globali del valore e dei numerosi distretti industriali, elemento fondamentale della diffusione e affermazione del Made in Italy nel mondo, con un ruolo di ‘connettore sociale’ e attore chiave nei processi di transizione verso un mondo più sostenibile, digitale e interdipendente. E le Pmi che abbracciano la Duplice Transizione, green e digitale, sono ancora più resilienti, lungimiranti e consapevoli, ma soprattutto più produttive e competitive. Non solo in ambito nazionale, ma anche internazionale. Emerge da uno studio realizzato da SACE in collaborazione con The European House – Ambrosetti, dal titolo ‘Piccole, medie e più competitive: le Pmi italiane alla prova dell’export tra transizione sostenibile e digitale’.

La Duplice Transizione fa crescere l’export 

Transizione sostenibile e rivoluzione digitale sono i due fenomeni che stanno caratterizzando in modo sempre più nitido e marcato l’attività di impresa. Nel 2022, oltre il 60% delle medie imprese manifatturiere (e quasi il 40% delle piccole) ha intrapreso azioni di sostenibilità, mostrando un’attenzione crescente per questi temi. La cosiddetta Duplice Transizione (Twin Transition) aumenta poi la propensione all’export delle Pmi, tanto che il numero delle imprese che investe in green e digitale ed esporta è superiore del 20% rispetto a quello delle imprese che esportano non facendo alcuna transizione.

Un terzo del fatturato viene realizzato all’estero

Le oltre 200mila piccole e medie imprese italiane producono un giro di affari di oltre 1.000 miliardi di euro, generando quasi il 40% del Valore Aggiunto nazionale, e impiegano 5,4 milioni di lavoratori. Un terzo di tutti gli occupati della penisola. Ma oggi le Pmi italiane realizzano all’estero circa un terzo del proprio fatturato e contribuiscono al 48% dell’export nazionale, rispetto al 20% delle tedesche e francesi, e al 34% delle spagnole. Un trend che si rafforza anche in prospettiva: secondo le previsioni elaborate dall’Ufficio Studi di SACE, le esportazioni delle Pmi italiane sono attese crescere del 6,2% nel 2023, con una prospettiva del 4% nel 2024 e del 3,2% nel biennio 2025/2026, quando supereranno i 300 miliardi di euro.

Nuovi mercati di riferimento: Africa subsahariana e Americhe  

Con riferimento ai mercati di destinazione, a guidare la crescita dell’export delle Pmi italiane quest’anno sarà l’Oriente. Medio Oriente, Asia orientale e centrale sono le aree per cui si prevedono infatti i maggiori incrementi, a fronte di tassi inferiori per l’Europa (+5,5%) e per l’America settentrionale (+6,6%), che rimangono comunque in valore assoluto le principali geografie di sbocco.
Nel 2024 un maggiore dinamismo si rileverà in Africa subsahariana (+5,6%), America centro-meridionale (+5,4%) e America settentrionale (+5,1%).

Proudly powered by WordPress
Theme: Esquire by Matthew Buchanan.